A differenza del mio amico francese William, non sono uno Chef, e mi dispiace, ma vivendo da solo, un po’ per sopravvivenza e un po’ per diletto, ho affinato nel tempo la mia tecnica culinaria riuscendo a preparare piatti che solo qualche anno fa non avrei mai pensato di cucinare, ma la vita è una continua sorpresa e un’evoluzione costante. 

Uno degli ingredienti che non manca mai nelle ricette a me più congeniali è senza dubbio il pepe nero. 

Ho letto che la pianta del pepe viene coltivata sin dall’antichità; i più sostengono che le sue origini si trovino in India nella zona del Malabar e nelle regioni che si affacciano sul Mar della Cina e secoli prima di Cristo veniva esportato nella Fenicia e nell’antica Grecia e da qui verso l’Egitto, tanto che alcuni grani di pepe sono stati rinvenuti in parecchie mummie, tra cui quella di Ramses, all’interno delle sue narici.

Nel IV° secolo a.C. Alessandro Magno portò in Europa il pepe, dopo la sua spedizione in India ed infine arrivò anche ai Romani che furono i primi a portare questa spezia in Gallia e di conseguenza a farla conoscere nel resto del continente.

Dopo la caduta dell’Impero romano, le vie dirette aperte per il commercio con l’Oriente vennero sostanzialmente chiuse, nel XIII° secolo il commercio di questa spezia fu unica prerogativa di mercanti veneziani e genovesi, talmente richiesto da divenire un bene così prezioso da essere utilizzato, in alcuni casi,  come moneta di scambio. Bisognerà aspettare il XVI° secolo per riaprire quella che viene definita “Via delle Indie”, grazie ai navigatori/esploratori portoghesi che, circumnavigando il Capo di Buona Speranza riuscirono a rendere più semplice il suo approvvigionamento al punto che insieme ad altre pregiate spezie, vennero create vere e propri protettorati e colonie.  

Possiamo considerare il pepe il re delle spezie, in quanto in cucina, ben si sposa con la maggior parte dei piatti esaltandoli nella maniera perfetta, senza mai coprire le componenti fondamentali. Ultimo, ma non ultimo il pepe, se utilizzato nella maniera corretta, come tutto del resto, ha delle proprietà benefiche importanti:

è detossificante in quanto aumenta la minzione e la sudorazione favorendo l’eliminazione delle tossine dall’organismo;

è antibatterico ed antinfiammatorio in quanto combatte le infezioni, soprattutto quelle dell’apparato respiratorio;

è dimagrante perché favorisce la termogenesi ovvero la liberazione delle calorie in eccesso;

è antidepressivo, in quanto recenti studi hanno stabilito che la piperina sia in grado di stimolare la produzione di endorfine a livello cerebrale.

Ecco perché nella mia cucina non manca mai!!!!

C’è un vitigno che a livello olfattivo ricorda molto profondamente il sentore del pepe e in molti casi è così intenso e accattivante da lasciarti stupefatto ed ammaliato. Il vitigno in questione è lo Syrah e questa sua prerogativa è quasi esclusivamente appannaggio dei vini prodotti nella Cote du Rhone, che, a mio personale parere toccano i vertici mondiali quelli della zona della Cote-Rotie e dell’Hermitage. 

Nel 2018 sono ritornato per la seconda volta nella Cote du Rhone e in Cote-Rotie ho visitato il Domaine Clusel-Roch, non una visita da ricordare, per la superficialità con la quale siamo stati accolti da madame Roch, ma i vini avevano il loro perché come il Cote-Rotie “Classique” (ora chiamato Les Schistes”) annata 2014 di 12,5 °vol. degustato in una bella domenica assolata sul calar dell’inverno.


Gli Syrah della Cote-Rotie, sono particolari perché per i primi anni è come se andassero in letargo, tanto è vero che bevuti troppo giovani lasciano molto a desiderare, poi per magia si aprono, manifestando tutte le loro peculiarità.

Ma veniamo alla degustazione. Tappo sanissimo di cm. 5,0.

Versato in ampio balloon tipo Burgundy è una gioia per gli occhi con quel suo bel colore di ciliegia marasca uniforme e senza sbavature con leggerissimi riflessi granati sull’unghia.

Al naso emerge inizialmente la matrice fruttata di ciliegia, ribes e mirtillo, ma è roteando il bicchiere che fuoriescono chiari sentori erbacei e un’esplosione di pepe nero che stimola la cavità nasale al punto di sentire un leggero pizzicore che pungola le terminazioni nervose all’interno della mucosa al limite dello starnuto. E’ una sensazione piacevole ed insolita allo stesso tempo.

In bocca è incredibilmente carezzevole, non così persistente come mi sarei aspettato ma piacevolissimo, con un tannino setoso, con un’acidità quasi scolastica e mai tagliente e con rimandi fruttati ben in evidenza. E’ fresco, è elegante e ha una raffinatezza di beva che non ti aspetti. 

In sintesi uno Syrah del nord della Cote du Rhone, tradizionale, che non tradisce le attese e che ancora una volta dimostra che in questa landa terrestre il vitigno esprime il meglio di sé. Alziamo il calice e mi raccomando……in cucina il pepe non deve mancare mai!!!!!