Ho vissuto la mia infanzia in un contesto rurale, in una classica corte lombarda, dove la saggezza contadina l’ha sempre fatta da padrona, nonostante all’orizzonte si balenasse quel boom economico che sarebbe stato il preludio all’attuale globalizzazione che mal sopporto. 

Oltre ad essere stata costellata di spensieratezza, di genuinità nei rapporti e di convivialità, è stata sicuramente pervasa di un nutrito numero di proverbi che mi hanno accompagnato nella crescita e che ancora oggi, in determinati casi mi sovvengono, a volte anche in aiuto.

Proprio quelle massime, contenenti norme, giudizi, dettami e consigli espressi in maniera sintetica, il più delle volte racchiusi in metafore, desunti dall’esperienza comune e che mio padre di volta in volta mi sciorinava a seconda delle situazioni o delle problematiche che la vita quotidianamente ti presenta. 

Non gli ho mai chiesto da chi prendesse spunto, ma per definizione i proverbi possono essere identificati come vere e proprie sentenze stereotipate, coniate da autori ignoti e spesso prive di una fonte precisa che racchiudono in sé un principio morale, ma allo stesso tempo quasi didattico o alcune volte anche solo un piccolo avvertimento o più semplicemente una buona norma da rendere consuetudinaria. 

Il più delle volte raccontano delle verità, o quello che la gente ritenga sia il vero e ai tempi attuali, nonostante siano in via di estinzione visto che i più sostengano che siano il frutto di luoghi comuni, tornano sempre e comunque alla memoria. 

Ho in testa una miriade di proverbi, ma quello che personalmente per definizione rappresenta l’interrogativo degli interrogativi è il seguente:

…meglio un uovo oggi o una gallina domani??.....

Il proverbio in sé è davvero semplice e sta a significare se sia meglio accontentarsi di ciò che si ha, probabilmente poco, che rischiare qualcosa di molto più grande ma difficilmente raggiungibile. 

Se analizziamo meglio possiamo cogliere due aspetti importanti: la soddisfazione immediata e la ricompensa futura. La prima rappresenta qualcosa di concreto, di tangibile, magari breve ma certa; la seconda, sulla carta migliore, ma aleatoria a causa di imprevisti e variabili che mettono a rischio di ritrovarsi a mani vuote.

La conseguenza di ciò è il libero arbitrio, ovvero la scelta che può propendere per una o l’altra, l’importante è che sia consapevole.

A mio avviso, l’uovo rappresenta quello che potremmo definire come il principio del piacere e se rapportato ai tempi attuali a quell’idea del tutto e subito che non permette di differire la gratificazione attraverso un percorso programmatico per costruire le condizioni necessarie della realizzazione di sé. 

Se questo proverbio dovessi rapportarlo al mondo del vino, vi posso assicurare che è un dilemma al quale mi sono trovato molte volte; ricercare la soddisfazione immediata in un una bottiglia o attendere prendendo tempo, a volte davvero lungo per poi essere gratificato da una ricompensa che ha saputo ricompensare l’attesa? Di norma, sono un appassionato scrupoloso e meticoloso che tende a degustare una bottiglia di vino, bianco o rosso che sia, nella giusta finestra temporale e la mia cantina è composta per un buon 90% di bottiglie con una buona longevità e che meritano di essere attese. Ci sono momenti però in cui preferisco “l’uovo” ed allora mi butto su quella soddisfazione immediata che mi riempie l’anima di gioia, breve ma decisamente appagante e se devo collegarmi al vino non posso esimermi dal sottoporvi la degustazione di un gioioso Bourgogne Blanc Vieilles Vignes annata 2020 del domaine Chateau du Chatelard di 12,5°vol. sorseggiato in un pomeriggio canicolare in piena estate agostana.

Uno Chardonnay in purezza che nasce da un’ottima cantina situata nel Beaujolais e dai suoi 28 ettari complessivi di vigneti, con terreni calcarei-argillosi e rocciosi e relativamente a questo vino, prodotto da viti che arrivano fino a 100 anni d’età. L’azienda pone il suo credo nell’agricoltura integrata e nella lotta contro i parassiti della vite e nell’inerbimento degli appezzamenti per preservare i suoli e la biodiversità; vendemmia a mano delle uve a piena maturità e vinificazione la più naturale possibile, fanno dello Chateau du Chatelard un’eccellenza borgognona. 

Stappato e servito nel bicchiere da degustazione, si presenta cromaticamente di un bel colore dorato, lucido e limpidissimo; il naso è rappresentativo di sentori fruttati dove primeggia la pesca, ma a seguire è l’agrumato di limone maturo che pervade la cavità nasale e sul finale nuances di speziatura dolce.

In bocca è scorrevole, fresco, leggermente salivante e tendente a concedersi in modo gaudente ed invitante ad una continua beva, mai banale. I rimandi fruttati ritornano con una buona corrispondenza naso/bocca ed il finale, abbastanza persistente, si stempera su di un retrogusto amaricante, tipico di molti Chardonnay frutto di vecchie vigne. Acidità didattica e mineralità gessosa, fanno di questo Bourgogne un ottimo compagno nelle tipiche giornate accompagnate dalla classica calura estiva, Servire alla temperatura di 12,0° gradi.

Che dire, un sorso di questo Bourgogne mi fa propendere per l’uovo oggi, ma se appena ripenso anche un solo secondo a un Chassagne, a un Puligny o a un Meursault allora tutta la vita la gallina…..Per ora mi godo questo momento di immediata soddisfazione, domani ci penseremo. Prosit!!