“…colui che beve l’acqua che gli darò, dice il Signore, avrà dentro di sé una sorgente inesauribile dalla quale sgorgherà la vita eterna….

…la ricerca della coppa del Cristo  è la ricerca del divino che è in tutti noi….


(dal film Indiana Jones e l’Ultima Crociata)


In altra recensione, ho asserito che  la materia che preferivo in età scolare era senza dubbio Storia e se chiedete a mia madre che lavoro avrei voluto fare da grande, vi direbbe senza esitare, l’archeologo. La vita  è strana, perché ti porta a fare scelte che depistano i sogni di fanciullo, tanto è vero che mi sono ritrovato bancario, senza volerlo, ma alla lunga, dopo estenuanti fuoristrada, si ritorna in carreggiata anche se di tempo ne è trascorso fin troppo. 

La citazione in premessa di uno dei film della fortunata saga del più famoso archeologo cinematografico non è posta a caso, visto che Indiana Jones incarna tutto quanto avrei voluto far mio da bambino, in sintesi appropriarmi dell’illuminazione e della conoscenza.

A settembre, tornerò in Francia e sulla via del ritorno vorrei fermarmi (per la sesta volta) in Borgogna e nel Beaujolais; come talvolta accade, mi capita di riguardare le foto scattate negli anni precedenti e chissà perché recentemente i miei occhi si sono fermati su una apparentemente insignificante, che per certi versi avevo anche rimosso, ma che in un istante mi ha fatto accendere la classica lampadina, quasi folgorandomi.

Si tratta dell’istantanea raffigurante la fontana di Beaune, nell’omonima città, capitale della Borgogna vinicola, posta oggi all'incrocio della rue Nationale con le vie di Commerce e Colbert, di fronte all'ex albergo di Jean de Beaune. Fu costruita nel 1506 e derivò dalla volontà reale di creare quattro fontane pubbliche per portare l'acqua da Saint-Avertin alla città. Jacques de Beaune offrì parte del suo giardino per installare la fontana, che finanziò e che fu completata nel 1513 e la sua costruzione costò 17.230 lire francesi (il franco prese il posto della lira nel 1795).

Una fontana direte voi, e quindi?

Poco tempo fa, ho letto su una rivista francese che Karoline Knoth, storica, etnologa e docente, guida per l’Associazione delle Guide indipendenti della Borgogna-Franca Contea, ha fatto una scoperta senza precedenti. Per puro caso, si è imbattuta in una fontana di vino nel 1701 a Beaune  ed il tutto è riconducibile al viaggio di due nipoti  di Luigi XIV in Borgogna, da Mâcon ad Auxerre, passando per Beaune, Dijon e Talant ed un chiaro resoconto enologico in cui la fontana del vino occupa un posto d'onore. Perché sostituirono l’acqua col vino e soprattutto perché quel vino era un Meursault? Quella fontana da me fotografata, rimasta da anni in un file del mio computer, torna alla luce, coperta dalle polveri del tempo e della memoria ad indicarmi qualcosa. 

Non sempre la storia è di facile comprensione e in un primo acchito potremmo pensare che gli abitanti di Beaune, riconoscendo l’importanza della visita reale escogitarono un colpo a sensazione , per dare lustro in una chiave moderna di autentico marketing e quale spot pubblicitario della regione e dei suoi vini, dando vita ad una fontana che spillava vino. 

Un vino limpidissimo, quasi come l’acqua e di assoluto valore: un Meursault. 

Voglio credere che ci sia di più, nel senso che si sia voluto dare un significato più profondo, prendendo spunto dalla trasmutazione dell’acqua in vino nel miracolo delle Nozze di Canaan; l’acqua, come metafora, fonte di vita, l’inizio di tutte le cose, quell’acqua battesimale che rappresenta il passaggio dalla morte alla vita eterna e la sua conseguenza, il vino, che in quel miracolo rappresenta un autentico segno nell’indicare una realtà non materiale: la gioia. 

In quel caso una gioia di festa, in questo la gioia eterna e quindi al pari dell’acqua, quel vino fatto scorrere nella fontana di Beaune ha rappresentato la gioia dell’immortalità. 

Non a caso, per rendere al meglio questa sensazione, utilizzarono un Meursault, vera eccellenza della Cote de Beaune e ripensando alla fotografia e al significato che mi sono dato, non ho esitato a scendere in cantina, facendo mia una bottiglia di Meursault Mikulski annata 2014 di 13,5° vol., che ho degustato cercando di cogliere anche la sacralità che il vino riesce a serbare dentro di sé.  

François Mikulski, di origini polacche, ma francese a tutti gli effetti  è un figlio di Meursault. Ha imparato il vino con suo zio Pierre Boillot prima di rilevare la sua tenuta nel 1991. Fa parte del rinnovamento di una Borgogna contemporanea che si concentra sulla qualità e sulla freschezza, in un percorso che prevede di lavorare le viti secondo i principi dell'agricoltura biologica, ma senza i vincoli della certificazione.

Dopo i bianchi piuttosto generosi degli esordi, è progredito verso vini più tesi e cristallini. Un'evoluzione che deve alla collaborazione con il suo enologo e alla scelta di date di vendemmia più anticipate: di sé dice “Non ho una formazione da enologo, ma agisco sui dettagli, il più importante viene dal terroir. Per me la Borgogna si deve distinguere per la sua purezza perché la sovra maturazione si trova ovunque". Purezza dei vini come il suo Meursault village, che aperto un’ora circa prima di essere degustato e servito nell’apposito balloon tipo Burgundy, si presenta cromaticamente di un bellissimo colore dorato, al punto che sembra ci sia il sole dentro; al naso, nell’immediato  è un autentico tripudio agrumato di pompelmo e limone e di frutta a pasta bianca, di mela matura e pera. Atteso e maggiormente ossigenato, emergono nuove sensazioni di cannella e caramellina zuccherata, oltre ad accenni iodati e salmastri, come se si fosse invasi da una spruzzata di mare e sul finale una leggera nota balsamica, come di aghi di pino.

In bocca è a dir poco stupefacente, decisamente verticale, fresco e con rimandi fruttati di lime e frutta tropicale in grande concentrazione, con un’acidità davvero rilevante e una sferzata salina incredibile; finale lungo e persistente con un accenno burroso nel retrogusto. Vino salivante che induce ad una continua beva, decisamente importante ma gioiosa allo stesso tempo. 

Un vero cavallo di razza con una struttura notevole, con tensione, ma mai opulento e con un’eleganza di tutto rispetto.  

Degustare questo Meursault, tra l’altro un “semplice” village (oggi non proprio   a buon mercato visto che occorrono almeno 75 euro, ma li vale tutti)  è una chiara risposta al perché è stato sostituito all’acqua della fontana di Beaune nel 1701; immortale e gioioso come ben pochi altri vini degustati.

Ancora una volta un’esperienza da incorniciare sul mio cammino enologico, che, almeno questo, è sempre stato dritto e mai depistato.