Siamo in Borgogna, in piena Cote d’Or. 

Provenienti da Gevrey Chambertin, percorrendo la Route des grands Crus, una volta lasciato alle spalle il vigneto Mazoyères, entriamo nel territorio di Morey Saint Denis. Come nella gran parte dei villaggi borgognoni, anche qui ogni cosa trasuda di storia; le prime tracce risalgono al XII° secolo sotto la dominazione della potente famiglia di Vergy, che magnanimamente cedette all’abbazia di Citeaux la metà del villaggio. L’esponente più importante di tale famiglia fu Alix de Vergy nata nel 1182 da uno dei più alti ranghi della nobiltà francese del regno merovingio. Moglie del duca di Borgogna Eudes III, viene ricordata per la sua filantropia, attraverso il sostegno finanziario delle molte comunità religiose del Ducato e indirettamente delle attività da loro svolte, tra queste la viticoltura. A ragione è considerata, insieme a Camille Rodier (fondatrice della Confraternita dei Cavalieri Tastevin), la donna più importante di Morey Saint Denis, tanto che le è stata dedicata una rosa, Rosier Alix de Vergy, dal profumo dolce ed attraente e con fioritura ininterrotta. 

In origine, il villaggio si chiamava Morey la Montagne e solo nel 1927 venne rinominato Morey Saint Denis associandogli il nome del vigneto di maggior prestigio (Clos Saint Denis), ma stante la bontà del territorio avrebbe potuto chiamarsi anche Morey de Tart o Morey de Lambrays. 

Appena poco scostata dalla piazza principale del paese, si erge una villa che spicca in tutta la sua bellezza un po’ retrò, dimora del Domaine Chantal Remy sapientemente diretto da Madame Chantal, qui conosciuta con il soprannome di Madame Bourgogne. 

Ho avuto il piacere, con i miei fidi compagni, di farvi visita nell’aprile 2013 e ricordo che una volta superato il cancello d’entrata, finemente lavorato, il figlio Florian, iniziando a parlarci della storia del Domaine, ci accompagnò attraverso un ombroso parco disseminato di rose, verso l’ultimo vigneto di proprietà di Chantal , sorto da alcuni anni e denominato Clos des Rosiers (emblematico il ricordo ad Alix de Vergy!); praticamente un giardino di casa, un monopole di non più di un terzo di ettaro, posizionato accanto al confinante e ben più rinomato Clos des Lambrays. 

Il nome del Domaine è cambiato da “Louis Remy” (il padre di Chantal) a “Domaine Chantal Remy” nel 2009, dopo la morte della madre, ereditando 1,5 ettari di vigneti (tutti Grand Crus), mentre i rimanenti 3 ettari andarono ai due fratelli. Ora gli ettari di proprietà sono 3,5.

La cantina, costruita nel 1650, sviluppata su due piani sotterranei, custodisce anche le bottiglie vintage del Domaine, tra le quali spicca l’annata 1938, la più antica, salvata miracolosamente, in tempo di guerra, dalle razzie dei nazisti.

Chantal ha iniziato a collaborare in azienda nel lontano 1985 ed i suoi vini sono pervasi da un’estrema classicità e da un autentico rispetto dei terroirs, dalla scrupolosa osservanza della tradizione e di tutto quanto tramandato dal padre, pur cavalcando le onde degli inevitabili cambiamenti temporali. 

Per chi come me è sensibile al fascino crepuscolare di certi luoghi ed allo charme di quei vignerons definiti d’antan, non potevo che rimanere affascinato da Madame Chantal, che oltre ad avermi sorpreso con una squisita ospitalità, mi è parsa incarnare un’eleganza e un savoir faire, a tratti, un po’ magici e misteriosi. Donna carismatica, riesce a trasmettere il fascino di questa terra e ricordo che, mentre l’osservavo, l’ho idealizzata nel quadro di Gustave Klimt del 1907, ritratto di Adele Bloch Bauer; come nel dipinto, mi ha dato per alcuni istanti l’idea di una femme fatale, resa dalla luminosità della sua pelle, dall’intreccio delle sue mani, dalla bocca rossa e socchiusa. Degustando con lei, ho avuto la sensazione che il tempo si fosse fermato, trasportandomi per incanto nel XIX° secolo, ripercorrendo i fasti dei rinomati vini borgognoni, assaporati alle corti reali europee.

I suoi vini ti portano effettivamente a percorrere un viaggio nel gusto, così come il Chambolle Musigny Vieilles Vignes “les Fremières” annata 2000 di 13,5°vol. degustato in una domenica invernale ed accompagnato a spezzatino con funghi e polenta. Il vigneto “les Fremières”, confina a sud con il rinomato Clos Saint Denis e consta di 4 ettari 62 are e 60 centiare, classificato come vigna di seconda classe (equivalente all’attuale Premier Cru) secondo la mappatura statistica dei vigneti che producono i Grandi vini di Borgogna datata 1861. Vigneto non in Monopole ma in coabitazione con altre aziende, tra le quali possiamo annoverare il Domaine Leroy ed il Domaine Michel Magnien.


Stappato alle ore 9.00 e scaraffato nel bicchiere tipo Burgundy alle 13.00 circa, alla temperatura di servizio di 18,5 gradi, si presenta color rubino scarico con leggeri riflessi granati sull’unghia. Il naso è praticamente prodigioso; profumi di sottobosco, di fragoline selvatiche, di fieno bagnato, di terra umida, di cuoio e funghi. Una sequenza caleidoscopica che non finisce di stupire, in una mutevole evoluzione di fragranze che fuoriescono col tempo dal bicchiere. In bocca è piacevolissimo; entra con vellutata morbidezza, è incredibilmente fine ed il tannino si mostra completamente svolto, è suadente e voluttuoso e nonostante i 17 anni splendidamente portati, lascia intravedere ancora una giovanile gradevolezza di beva. Persino mia moglie, astemia pentita, ha gradito a più riprese la serbevolezza di questo vino. In poche parole, incarna la femminilità di Chantal, ma allo stesso tempo è sorretto da una struttura e da una persistenza aromatica davvero invidiabili. 

Il tempo sbiadisce i ricordi e con essi le degustazioni di quel lontano pomeriggio del 2013, ma riassaporando questo vino a distanza di quasi 5 anni, sono magicamente riapparsi, dandomi la sensazione di essere stato come sospeso nel tempo. I vini di Chantal sono così, sembrano immortali e le sensazioni che sono riaffiorate mi hanno spinto, calice alla mano, ad allontanarmi dalla convivialità della tavola, isolandomi con esso, all’ascolto di un capolavoro musicale che, da sempre, mi dà le stesse sensazioni. Si sa che la musica ed il vino sono pura poesia astratta dove i suoni e i profumi e tutto quello che non è scritto ti fanno immergere nella pura emozione, senza bisogno di descrizioni e commenti. 

“Shine on you crazy diamond” dei Pink Floyd, suonata per la prima volta in un concerto francese (che combinazione!) nel lontano 1974 mi ricorda questo vino, lasciandomi completamente sospeso nel tempo ed allora “Come on you raver, you seer of visions, come on you painter, you piper, you prisoner….and shine!!”.

In ricordo di Syd Barrett genio e sregolatezza dei Pink Floyd