Uno degli sport che avrei voluto praticare almeno una volta nella vita è il rugby. Nacque, come spesso accade per caso, nella cittadina di Rugby, nel 1823 grazie a tal William Ellis, che decise d’istinto di infrangere le regole del calcio, prendendo un pallone in mano ed iniziando a correre senza mai lasciarlo cadere per terra; osannato dalla folla impazzita, inventò il gioco del rugby. Nel corso degli anni, e precisamente nel 1871, per prevenire il ritorno inevitabile al calcio, si adottò la palla ovale per renderla incontrollabile con i piedi. 

Il rugby incarna lo sport di squadra per eccellenza, dove per poter vincere occorre indispensabilmente la collaborazione di tutti, si vince e si perde tutti insieme. A differenza del calcio, dove nelle squadre che contano ci sono le “prime donne” che fanno la differenza, ma che spesso e sovente si dimostrano star viziate e strapagate, nel rugby non ci sono veri e propri leader che sfruttano il “lavoro sporco” dei compagni di squadra, ma ogni giocatore ha il medesimo obiettivo, non esistono prevaricazioni e il raggiungimento del risultato viene portato a fattor comune. Cosa ancora più importante è l’accettazione della sconfitta, il rispetto del valore degli avversari, quello verso le decisioni arbitrali e quello delle regole che non danno mai seguito a polemiche inutili e sterili da portare avanti per giorni e giorni post partita, come avviene purtroppo nel calcio moderno.

La cultura della vittoria e ancor di più della sconfitta è alla base di questo sport che vede nel cosiddetto “terzo tempo” il suo momento più alto. Si svolge nella Club House della squadra ospitante (un vero e proprio Pub), dopo la partita e fa riunire tutti i giocatori delle due squadre, che colgono l’occasione per offrirsi da bere e da mangiare, scambiando considerazioni sul match, come farebbero quattro amici al bar. In sintesi è l’emblema della sportività di giocatori che qualche ora prima hanno battagliato, dandole di santa ragione e che subito dopo sono amici rispettosi uno dell’altro. 

Praticare questo sport, ti fa crescere come uomo, immerso nei valori di lealtà, rispetto dell’avversario, spirito di abnegazione, amicizia, altruismo, impegno, determinazione ed orientamento al raggiungimento dell’obiettivo: la vittoria.

Il condensato di tutti questi valori alberga nell’ex rugbista Gèrard Gauby che a pochi chilometri da Perpignan, che vanta la squadra di rugby degli “Arlequins” stabilmente in prima divisione dal 1911, conduce il Domaine omonimo dalla metà degli anni 80. 45 ettari di vigneti, alcuni dei quali centenari, allevati in una zona (la Languedoc Roussillon) molto spesso sottovalutata, a torto, ma che sa donare vini espressivi e complessi allo stesso tempo. Dal 1996 in regime biologico, per poi passare nel 2001 in quello biodinamico, Gauby, fisico massiccio e temprato dalle mille battaglie sportive, non ama le luci della ribalta, ma con molta umiltà e soprattutto rispettoso della natura, sempre assecondata ricorrendo esclusivamente a strategie interventiste naturali, sa dar vita a vini tesi, dinamici, minerali e profondi, come il Cotes du Roussillon Vieilles Vignes annata 2015 di 13°Vol. , un blend di Syrah, Grenache, Carignan e Mourvèdre che si presenta di color rosso rubino intenso, con leggerissimi riflessi granata sull’unghia ed al centro più cupo e profondo, ma uniforme e con una bella scorrevolezza.

Al naso è un concentrato di frutta rossa e nera, dove emergono cassis, mirtillo e ciliegia sotto spirito; opportunamente roteato nel bicchiere, sprigiona nitide note speziate di pepe nero  e di cuoio e sul finale una caratteristica balsamicità di liquirizia pura. In bocca è decisamente elegante, avvolgente al palato e dotato di una fine trama tannica setosa e voluttuosa allo stesso tempo. I rimandi fruttati solleticano le papille gustative alternandosi a sensazioni balsamiche, dove la componente acida è ben presente e la spiccata  mineralità gli dona una leggiadra freschezza. Un gran bel vino che incarna la sontuosità dello Syrah con la morbidezza sensuale della Grenache, l’acidità del Carignan e l’aromaticità del Mourvèdre, amante del sole e del mistral ed insieme, come singoli componenti di una squadra di rugby, vanno unisoni dritti alla meta.

Gèrard Gauby sa il fatto suo, al punto di esser divenuto nel tempo un punto di riferimento tra i vignerons di una regione che ci regala vini che non ti aspetti e per fortuna, ancora dal rapporto qualità/prezzo davvero notevole.