Chi mi conosce, sa che ho un rapporto conflittuale con il tempo, probabilmente nato dalla smania di comprendere tutto quello che gravita intorno ad esso, partendo dal concetto di relatività, che afferma che la velocità dell’osservatore influenza anche la percezione del prima e del dopo, e dunque che lo scorrere del tempo non è universale, fino ad arrivare alla possibile realizzazione di uno Stargate o macchina del tempo, probabilmente influenzato negli anni della mia giovinezza dalla saga di “Ritorno al futuro” , da Marty McFly, Doc e dalla fantascientifica De-Lorean DMC-12.

Viaggiare nel tempo è possibile? 

Negli anni sessanta del secolo scorso, Padre Pellegrino Maria Ernetti, annunciò al mondo la realizzazione del “Cronovisore”, un misterioso apparecchio capace di recuperare suoni ed immagini di ogni tempo. Al progetto parteciparono, oltre a lui, 12 scienziati tra i quali Werner von Braun, progettista dei missili tedeschi V2, il fisico  Enrico Fermi e Padre Agostino Gemelli, fondatore dell’Università cattolica di Milano.

Era stata inventata una macchina che riusciva a captare energia visiva e frequenze sonore lasciate dagli uomini nel corso dei secoli; questa energia, una volta emessa non svanisce, ma vaga nell’etere in eterno. In sintesi, il “Cronovisore” riusciva a canalizzare questa energia convertendola in immagini che venivano mostrate in bianco e nero e rappresentavano avvenimenti del passato in una sorta di vera e propria trasmissione.

Padre Ernetti, in alcune interviste, ammise di aver potuto vedere, tra le altre cose, un’orazione di Cicerone, una scena di mercato dell’epoca traiana, ma soprattutto (tenetevi forte), la passione di Cristo….. e tutto ciò venne mostrato al Presidente della Repubblica dell’epoca, Giovanni Gronchi, al Papa Pio XII e ai membri dell’Accademia Pontificia. 

Come previsto, questa scoperta, avvolta nel mistero, suscitò una vera e propria diatriba tra i sostenitori entusiasti dal fatto di poter rivedere il passato, dipanando i più svariati dubbi storici e dai detrattori che ritenevano questa “macchina del tempo” pericolosa per la sicurezza mondiale. 

A seguito di ciò, si mossero i servizi segreti russi e americani e l’epilogo, quasi scontato, fu che il Cronovisore venne smontato pezzo per pezzo e parrebbe che sia stato occultato in gran segreto in qualche nascondiglio ben protetto all’interno del Vaticano……..

La strada che porta in Borgogna è una sorta di rettilineo che mi conduce ad un certo punto ad attraversare un ideale Stargate, che mi catapulta in un’altra dimensione temporale e camminando per le strade vinicole della Cote d’Or è come se riuscissi a rivivere l’intera storia enologica di questa terra magica senza aver bisogno di alcun Cronovisore o macchina del tempo che dir si voglia. 

Ci sono vini, in questa fantastica regione che sfidano qualsiasi legge fisica temporale, al punto da definirsi, un po’ blasfemicamente, ultraterreni; tra questi il Puligny Montrachet Premier Cru “La Garenne” annata 2012, di 13,5°vol. del Domaine Etienne Sauzet, che ho degustato in una domenica di stampo autunnale, ma accompagnandolo a un piatto tipicamente estivo (spadellata di cozze e vongole). 

Il Domaine Sauzet, è azienda storica borgognona, sorta nel secolo scorso grazie al bisnonno dell’attuale gerente, proprietaria di 15 ettari vitati suddivisi tra Puligny Montrachet, Chassagne Montrachet e Cormot -le-Grand nelle Hautes Cotes de Beaune.

Dal 2005 in regime biodinamico, con massimo rispetto dei cicli naturali in vigna e meticolosità in cantina senza mai snaturare il prodotto finale che deve sempre e comunque rispettare il connubio tra tradizione e terroir. Difficile resistere agli Chardonnay di Sauzet ed il sottoscritto dopo alcuni anni di attesa si è lasciato letteralmente travolgere in un’epica degustazione.

Il vino in questione sorge nel comune di Puligny, ma più precisamente nella piccola frazione di Bagny all’estremo nord-ovest dell’abitato. 

Tappo sanissimo e compatto di 5 cm.; si presenta di color oro zecchino, limpido, uniforme senza sbavature. 

Al naso, iniziali effluvi di pietra focaia e di una sensuale brezza salmastra, lasciano il posto, col passare del tempo a un bouquet di frutta in cui spiccano la pesca ed il passion fruit, per rivirare su di un finale di nitidi sentori di pietra bagnata.

In bocca è un capolavoro assoluto ed incarna quello che vorrei che avessero sempre gli Chardonnay di Puligny, opulenza ed eleganza allo stesso tempo, grassezza e mineralità, in un corollario di spiccata acidità e in un’ampissima pienezza in bocca, dove a livello prettamente gustativo emerge un agrumato di limone amaro su di un finale avvolgente, penetrante e persistentemente lungo in cui la fa da padrone un retrogusto di burro salato e di noisette. 

Un vino emozionante, vibrante, maturo al punto giusto. Il prezzo, mediamente 120 euro sugli scaffali, non è abbordabilissimo ma li vale tutti, fidatevi!!!

Che dire, questo Chardonnay di Sauzet è intrigante ed è veramente impossibile non restare affascinati da un nettare che ti proietta in un viaggio onirico , senza conscio ed inconscio come se per un istante, che ha dell’eterno, ti facesse rimanere come sospeso nel tempo trasportandoti in un giardino paradisiaco ed aprendo quello stargate che l’uomo ricerca da sempre.