Da giorni, su internet e sui social media, sta spopolando la polemica sul bacio “non consensuale” che Biancaneve riceve dal Principe azzurro, nella celeberrima favola dei fratelli Grimm (che probabilmente in questo momento, si stanno rivoltando nella tomba). Ad innescarla, due giornaliste del San Francisco Gate online, che forse non avendo meglio da fare se non esplicitare il proprio personale baluardo femminista, si sono inventate una vera e propria boutade per riempire i palinsesti di inutili dissertazioni al riguardo. 

La domanda che si sono poste è se quel bacio Biancaneve l’avesse gradito, essendo in preda ad un incantesimo; sta a vedere che ora l’attenzione di un principe che cerca in tutti i modi di svegliarla da un sonno artificiale, passi per sessismo o addirittura per un accenno di violenza. Sarebbe il colmo!!! Certo, fosse stata sveglia, avrebbe potuto anche non accettare quel bacio, ma in fondo si tratta sempre e comunque di una favola, con la classica frase finale del “e vissero felici e contenti”…… D’altra parte Biancaneve era sotto l’incantesimo di una strega e mi meraviglia che le due giornaliste non facciano accenno a questo particolare situazione alla base della sua inabilità temporanea; che siano loro stesse delle streghe??

Nel corso della storia si sono avvicendate una serie di donne, quasi tutte condannate al rogo, in quanto definite streghe per la loro attività occulta e per aver dato vita a veri e propri incantesimi.

Una di queste, rimasta famosa per aver imperversato con i suoi rituali magici all’epoca di Re Luigi XIV,  fu Catherine Montvoisin, detta “La Voisin “, nata nel 1640, chiromante e astrologa, moglie di un commerciante di articoli di maglieria, che, alla sua morte e piena di debiti, si diede all’arte dell’occulto riuscendo in breve tempo a introdursi negli ambienti reali e dell’alta borghesia. Una delle sue specialità era il “bruler le fagot”: si metteva incenso e allume bianco in una fascina, si appiccava il fuoco in un’ora dispari del giorno o della notte, cospargendola tre volte con un miscuglio di vino e sale, formulando un desiderio e gettando direttamente un incantesimo sulla vittima prescelta. Preparava elisir d’amore e pozioni magiche e praticava la magia sessuale e in particolare gli aborti, somministrando alla donna gravida un’infusione di un’erba medica, la sabina, che è un potente emetico, sostenendo, durante il processo di aver bruciato almeno 2500 feti (da rabbrividire!!!). Il giro di affari si sviluppò a tal punto che ne usufruì anche la nobildonna Madame de Montespan,  incline alle Messe nere per poter avere i favori del Re Sole e la “strega” dovette attorniarsi di complici compiacenti per riuscire a sostenere l’affaire, fino a che i vari delitti perpetrati e lo scoppio dello “ scandalo dei veleni” portarono al suo arresto, alla condanna e alla morte. La Voisin e il suo entourage traevano i loro procedimenti magici dalla Filosofia occulta di Agrippa e dai “Trois livres des charmes”

Catherine Montvoisin

A proposito di “charmes” dal francese “incantesimi”, mi sono imbattuto in un vino di una delle più prestigiose aziende della Cote des Nuits borgognona, ovvero il Domaine Thibault Liger Belair, specializzato nella realizzazione di Pinot Noir favolosi, produttori di vino dal lontano 1720 e proprietari di 7,5 ettari dai quali, attraverso una coltivazione prettamente biodinamica, si possono annoverare vini spettacolari di territorio, quali il Vosne Romanèe, il Nuits Saint Georges 1° cru “Les Saint Georges” , ma soprattutto alcuni Grand Cru, come il Richebourg e il Clos de Vougeot. 

Non disdegnano comunque anche la produzione di alcuni vini bianchi, come il Bourgogne “ Les Charmes” annata 2016 di 13,0° vol, 100% Chardonnay in purezza che ho degustato accompagnandolo a un piatto di spaghetti con vongole veraci. 


Berlo e stato come cadere temporalmente in una sorta di incantesimo ed è da questi vini, da definirsi base e dal rapporto qualità/prezzo imbattibile per essere in Borgogna (euro 19,55 sugli scaffali di Grandibottiglie.com) che si vede la mano sapiente e quasi magica del produttore. Ma veniamo alla degustazione.

Tappo compatto e sanissimo di 4,7 cm; versato nell’apposito calice una trentina di minuti prima di essere servito si presenta di un bel colore paglierino carico, limpido e brillante.

Al naso presenta le classiche matrici olfattive dello Chardonnay Borgognone con quel misto di eleganza e di opulenza allo stesso tempo. In principio in bella evidenza le note fruttate di lime, mela e albicocca, a seguire sbuffi di burro salato e sul finale pietra bagnata.

In bocca entra in modo deciso e in ampiezza, in un corollario gustativo dove emergono in modo preponderante le note burrose, un legno sapientemente accennato e soprattutto una salinità che ti cattura e ammicca ad una continua beva. Persistenza gustativa davvero lunga per essere un “semplice” Bourgogne, quasi croccante e sicuramente di deciso impatto. Da provare assolutamente.

Sono quasi certo che se accanto a Biancaneve, ci fosse stata questa bottiglia e se il Principe azzurro avesse deciso di degustarne un calice, prima di passare all’azione, sarebbe stato a sua volta preda di un incantesimo enoico e la fiaba avrebbe senza dubbio avuto un epilogo talmente diverso, da non innescare a distanza di oltre 160 anni tutte queste polemiche…..

La Borgogna non tradisce mai!!!!!